di Salvina Pizzuoli

Il cosiddetto “riordino” del vecchio centro della città ebbe inizio effettivamente già nel 1881 secondo un progetto parziale approvato nel 1865 ai tempi di Firenze capitale e poi riproposto e articolato in successivi due piani, del 1885 e del 1888, che prevedevano un massiccio intervento in quella che era la Piazza del Mercato Vecchio oggi Piazza della Repubblica.
Un’area molto vasta ad impronta medievale sorta sulle rovine del precedente Foro Romano: si estendeva infatti da Via di Porta Rossa a Via Cerretani, da Piazza Strozzi e via dei Pescioni a Via de’ Calzaioli. In quest’area molte le case-fortezze delle più antiche famiglie fiorentine, insieme a quelle della borghesia cittadina, insieme alle più antiche chiese della città oggi non più esistenti, come Santa Maria in Campidoglio, il cui nome è riconducibile ad edifici tipici della società romana, ma anche l’oratorio trecentesco di Santa Maria della Tromba di cui rimane la tavola di Jacopo del Casentino alloggiata oggi in un angolo del Palazzo dell’Arte della lana nei pressi di Orsanmichele.


Un tessuto urbano completamente scomparso e oggi, quel che ne resta, sparso in pochi esemplari in vari musei civici della città: scampoli di porte, finestre, colonne, conservate nel Museo di San Marco. Ed è qui che ci siamo recati alla scoperta di quanto a testimonianza di un patrimonio artistico abbattuto in nome di un “riordino” o quanto più efficacemente si legge nella lastra marmorea che in alto sull’arco che domina la Piazza della Repubblica recita:
“Il vecchio centro della città da secolare squallore a nuova vita restituito”
dalla nota di Isidoro del Lungo
Nonostante le molte rimostranze allora e ancora oggi a quanto i piani di riordino avessero causato con la scomparsa di un nucleo medievale ritenuto tra i più preziosi in Europa, solo per citare le demolizioni più onerose, ricordiamo che nel 1889 fu smantellata la Loggia del pesce che oggi possiamo ritrovare in Piazza de’ Ciompi; sempre nello stesso anno il Ghetto che occupava un isolato a destra della Piazza oggi della Repubblica, vista dalla Colonna dell’Abbondanza; nel 1890 furono abbattute le case degli Alfieri Strinati situate dietro la Loggia; nel 1894 le ristrutturazioni riguardarono il palazzo arcivescovile e la duecentesca torre dei Visdomini. Le proteste portate dai rappresentanti soprattutto della cultura anglosassone impedirono un ulteriore pesante intervento nell’area tra i nuovi portici e il Ponte Vecchio.

Nel 1898 ad opera di Guido Carocci, autore di molti scritti a sostegno della tesi conservativa del centro storico, di cui molti articoli compaiono su tuttatoscana, fu creata una sezione, “Museo della vecchia Firenze”, dentro il Museo di San Marco, che andiamo ad illustrare con quel che ne rimane.

Entrati al Museo ci accoglie il chiostro di Sant’Antonino dove, in una sala laterale, la sala del Capitolo, possiamo ammirare una grandiosa Crocifissione opera di Beato Angelico.

L’affresco del 1442 occupa tutta la parete: nella fascia decorativa all’pice un pellicano, simbolo di Cristo e, nella cornice in basso, nei medaglioni San Domenico e gli uomini illustri dell’ordine domenicano, a destra i Santi, sotto la croce la Maddalena, San Giovanni, la Madre Addolorata, a sinistra i Padri della Chiesa.

Nella stanza giganteggia la Piagnona, la campana che chiamava in San Marco i seguaci di Savonarola detti Piagnoni. Procediamo quindi verso il Refettorio piccolo, a sinistra prima delle scale, l’affresco del Ghirlandaio, 1480 circa, con L’ultima cena. La pittura, ricca di simbologie raffigura accanto a Giuda, il traditore, un gatto, considerato animale infido, quindi sulla tovaglia le ciliegie, simbolo del sangue versato dal Cristo, in alto il pavone e il fagiano simbolo della resurrezione, e le starne attaccate dai rapaci, simbolo del sacrificio del Cristo come le palme a significarne il martirio. Con ancora il fascino di tanta bellezza e grandiosità, continuiamo alla ricerca di quanto cerchiamo.

Ed eccoci nel corridoio e nelle due sale che accolgono i reperti.


Entriamo nell’antica Foresteria. Un lungo corridoio che accoglie in basso e in alto su entrambi i lati quanto salvato dalle demolizioni di fine Ottocento: sembra impossibile che di interi caseggiati resti così poco… Ma procediamo:
Scorriamo più volte guardando con attenzione: mensole decorate, colonne, una magnifica bifora trecentesca, un portale, un’ architrave di un tempio israelitico, stemmi, formelle scolpite, decorazioni murarie dalle case dei Pilli, Pescioni e Sassetti, il dipinto di un anonimo che raffigura il Mercato Vecchio nel XVII secolo.
Di seguito la nostra documentazione fotografica.












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