L’arte etrusca e le testimonianze di cucina
La tomba Golini1 e la cista di Preneste
di Salvina Pizzuoli

Quella offerta dall’iconografia dei banchetti funebri è l’immagine di una società opulenta che si ciba di svariate varietà di alimenti e bevande con uno stuolo di servi che accudisce i commensali e con la presenza di musici ad allietare il convito. Le scene sono così realistiche che alcuni studiosi sono riusciti a riprodurre gli strumenti dei musici che accompagnavano il banchetto, riuscendo anche a riprodurne le sonorità: come ad esempio la tromba-lituo, con la sua particolare forma e composizione.

Ma come realizzavano gli artisti etruschi queste pitture?
Nel tempo la tecnica e la composizione figurativa si è evoluta e affinata: nelle età più lontane (le tombe più antiche risalgono al VII secolo a.C.) la roccia veniva tagliata e levigata per ottenere pareti piane in uno spazio interno quadrangolare. Il colore veniva steso direttamente sulla roccia utilizzando prevalentemente rosso, giallo, bruno. Nel VI secolo non solo diventa più complessa la tecnica ma cambia anche la quantità delle pitture che ricoprono tutte le pareti e il soffitto; sulle pareti inoltre veniva stesa una mescola, di argilla, roccia macinata e calce, e su questa erano poi stesi i colori. Già nella seconda metà del VI secolo ai colori più diffusi si aggiunge il bianco l’azzurro e il verde nelle loro varie sfumature ottenute mescolando i colori base, tutti di origine minerale e reperibili in natura, a parte l’azzurro il cui composto era ottenuto artificialmente dal rame calcio e silice già diffuso nel Mediterraneo fino dal II millennio. Sarà a partire dal IV secolo che verrà utilizzata una tecnica più raffinata, come nelle tombe Golini, in cui lo spessore dell’intonaco fatto di calce e sabbia era rilevante e anche le pitture si specializzano.
La tomba Golini1 è uno dei pochi documenti iconografici che possano far luce su come venissero preparati i cibi per un banchetto funebre relativo alle classi sociali aristocratiche.
La tomba, rinvenuta nei pressi di Orvieto, è datata intorno al IV secolo a.C.; gli affreschi originali, distaccati per motivi di conservazione, sono stati ricostruiti all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Orvieto. Scoperta nel 1863 da Domenico Golini, da cui prende il nome, nel territorio di Porano (TR), è detta “Golini 1” per distinguerla dall’altra dal nome di “Golini 2“.


Così la descrive Fabrizio Paolucci nel suo interessante articolo* ”L’alimentazione nel mondo etrusco”
Sulla parete di ingresso, immediatamente a sinistra dell’ingresso, sono riconoscibili, appesi ad uncini, la carcassa di un bue, con la testa distaccata in terra, un volatile (forse una colomba), una lepre, un capriolo e due anatre. Sulla parete lunga di sinistra, entriamo nel vivo dei preparativi con la raffigurazione di un servo intento a tagliare, con una piccola accetta, della carne, destinata ad essere arrostita sul fornello che gli sta davanti. Una donna, con due recipienti in mano, è invece rivolta verso quattro tavolini a tre zampe, sui quali sono imbanditi vari cibi, tra i quali sono riconoscibili focacce, grappoli d’uva, melograni. […] Sulla parete di fondo davanti a un forno in muratura ornato da due falli apotropaici (ndr apotropaico, che allontana gli influssi malefici), un uomo è intento a mettere sul fuoco una padella dal lungo manico, forse destinata alle fritture […]


Se le iconografie della tomba Golini 1 ci danno una lettura particolareggiata della cucina di palazzo, ancora più interessanti sono le scritte, in latino, che accompagnano scene di cucina ritratte sulla cista bronzea rinvenuta a Preneste e oggi conservata al Museé Royaux et d’Histoire di Bruxelles, datata anch’essa IV secolo a.C.
A partire da sinistra, scrive Paolucci, un uomo intento a tagliare la carne (forse il capocuoco) impartisce un ordine a un secondo uomo dinanzi a lui, dicendogli “prepara il pesce”; quest’ultimo gli risponde “ho preso altri pesci”, mentre alle sue spalle un altro cuoco porge un vassoio colmo di pezzi di carne o polpette a un collega dicendogli “ho fatto”. Questi, però, restituendogli un secondo vassoio vuoto, aggiunge “portane ancora”[…]

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A tavola con gli Etruschi: cosa mangiavano gli antenati di casa nostra? (prima parte)
*F. Paolucci L’alimentazione nel mondo etrusco in Desinari nostrali: storia dell’alimentazione a Firenze e in Toscana di Zeffiro Ciuffoletti e Giuliano Pinto
** A questo link le indicazioni di Francesco Landucci che ha “ricostruito” l’aulos raffigurato.