di Salvina Pizzuoli

Un bel sole invernale ci accompagna in questo viaggio di esplorazione dentro un paesaggio verde, ondulato, tra colline mosse da un lato e una grande riviera dall’altro che, vista dall’alto, chiareggia tra le brume.
Ma seguiamo il percorso sin dall’inizio.
Subito appena usciti da Camaiore ci accoglie con le sue antiche architetture la bella badia di San Pietro: fondata dai Benedettini nel 760 fu ristrutturata nell’ XI secolo. La costruzione a capanna, tipica del romanico, è ingentilita da un’elegante bifora; antistante quel che rimane della cinta muraria trecentesca con l’alta e massiccia Porta. All’interno, a tre navate, a sinistra un inatteso, per la sua collocazione, altare in marmo di stile barocco con una Madonna della Pietà del XIV secolo; mentre sulla prima colonna della navatra a sinistra si conserva uno sbiadito affresco trecentesco, Santa Maria Egiziaca.



Imbocchiamo quindi la strada che conduce a Lombrici, la nostra prima tappa.
Costeggiamo molti corsi d’acqua, il territorio ne è caratterizzato. Tra questi annoveriamo il Lombricese che con il Lucese confluiscono a formare il Camaiore più noto, verso la foce, come fosso dell’Abate. Una natura lussureggiante nonostante la stagione ci accompagna con i suoi verdi ora intensi ora cangianti. A Lombrici lungo la strada per Casoli l’antica pieve di San Biagio. Quasi incuneata sotto pareti grigie ed erose dalle precipitazioni e dagli agenti atmosferici, su cui la vegetazione costruisce i suoi adornamenti, è documentata già dal 1083. Non ci stupisce in quanto questo territorio di natura calcarea, ricco di grotte e di acque, è stato umanizzato da insediamenti preistorici; successivamente era divenuto territorio di passaggio verso il mare. L’edificio, della stessa pietra del luogo, ha una struttura romanica anch’essa ingentilita in alto da una bifora. Il campanile, discosto, si eleva alto e merlato di fronte. All’interno una sola navata. La pieve rappresenta un esempio di architettura religiosa medievale. Nei pressi, su un colle, i resti di un castello, Montecastrese, un complesso fortificato appartenuto ai nobili del luogo, i Corvaia e i Vallecchi, a ulteriore testimonianza del passato medievale che ha caratterizzato la zona. Un percorso archeologico parte da Candalla, sede di molti mulini e, passando per Lombrici, conduce ai ruderi del castello.






Continuiamo a salire.
Siamo a Casoli: ci accoglie con i suoi “sgraffiti” che in un ampio cartellone, ai piedi di una ripida parete di roccia, vengono così chiamati e spiegati; un numero notevole di opere accompagna il visitatore lungo le strade del paese e nelle viuzze laterali, adorne di disegni a sgraffito di notevole fascino e davvero particolari nella tecnica compositiva.
“L’antica tecnica dello Sgraffito era molto diffusa nel Rinascimento Toscano. Tecnica simile alla pittura in affresco, materiali e preparazione della parete è la medesima. Si sovrappongono più strati di intonaco di colore diverso e con strumenti metallici si incide la superficie, disegnando e scoprendo lo strato sottostante, stesura dell’intonaco e incisione eseguita a fresco, in giornata prima che tutto si asciughi e non sia più possibile intervenire. Per le grandi superfici il tavoro dovrà essere diviso a “giornate”, cioè intonacando una porzione alla volta” (Vedi Galleria dedicata ai graffiti di Casoli)





Noi oggi percorreremo la parte più “nuova” del paese che consta di due zone divise da un’antica frana ripetutasi di recente, riservandoci di visitare la parte più antica, detta Mandria, prossimamente percorrendo sentieri alla scoperta di altre località di questo interessante territorio.
Quello odierno è stato un viaggio molto piacevole che ci fa soffermare sulla necessità di illustrare itinerari e percorsi alternativi in zone spesso trascurate ma ricche di documentazioni storiche e di una natura davvero fantasmagorica, come in questo caso per le rocce, la vegetazione spontanea, i prodotti del lavoro dell’uomo nei secoli: non dimentichiamo che i versanti di queste colline sono piene di olivi e che qui l’olio oltre al castagno è sempre stato una grande risorsa, oltre ad essere, il primo, davvero particolare in una zona che coniuga l’aria fine dei colli, alle pendici delle possenti Apuane, e l’aria che proviene dal mare oltre, non dimetichiamolo, alla natura calcarea del suoli.

Non ci resta allora che andare a gustare le prelibatezze locali e per questo ci fermeremo a “Il chiosco nel bosco”, per i tordelli con ripieno di carne, i ravioli di pasta fresca all’aglio orsino, erba spontanea del territorio, il caciucco di ceci e bietole, per non tacere degli antipasti e della tagliata o del pollo e coniglio fritti…
E come non citare Marco Pardini, nato a pochi passi da qui, conosciuto etnobotanico e grande affabulatore alle cui clip, da noi sempre seguite su YouTube, dobbiamo la nostra visita a Casoli, ringraziandolo per i soi suggerimenti, seguiti con piacere, di visita a questo straordinario territorio.
Non ci resta che concludere in bellezza il nostro viaggio: ed eccoci allora, proseguendo la strada fino a dove si può con l’auto qualche chilometro oltre il Chiosco nel bosco, alle pendici delle cime più elevate da percorrere per sentieri escursionistici: a destra la cima del Monte Prana e a sinistra in lontananza la cima a becco del Monte Matanna, propaggini di quel maestoso gruppo alpino che sono le magnifiche Apuane.




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