
Siamo a pochi chilometri da Siena e a un chilometro da Sovicille, un antico agglomerato sorto sulla collina attorno al suo castello più volte bruciato e saccheggiato nel corso delle lotte con i Fiorentini, nel cui piano sottostante, la valle alluvionale creata dal torrente Spino, scorrono le acque dei fossi, dei righi, dei torrenti e dei fiumi, quali il Merse, di cui molte acque del piano sono tributarie. Ci delucida con la precisione di sempre il Repetti nel suo “Dizionario” e alla voce Sovicille scrive:
o SUICILLE (Sufficulum) in Val di Merse. Sovicille risiede alle falde orientali della Montagnola di Siena, a cavaliere della strada maestra di Rosia, nel grado 28° 53′ 6″ longitudine e 43° 19′ 0″ latitudine, circa 7 miglia toscane a libeccio di Siena; 13 a levante di Radicondoli, altrettante a maestrale di Monteroni, e 15 miglia toscane a settentrione. di Monticiano. […] Villaggio con sottostante antica pieve (San Giovanni Battista) sul torrente Spino volgarmente appellata la pieve del Ponte a Spino, matrice della battesimale più moderna di S Lorenzo, situata dentro il villaggio di Sovicille.
e che alla voce Ponte allo Spino precisa:
Questo ponte sul torrente Serpenna ha dato il nome a due chiese, la pieve di Sovicille, detta anco del Ponte allo Spino, e la confraternita omonima
La piana alluvionale è infatti attraversata dal torrente Rigo e dai fossi Serpenna e Arnano.
Perché sottolineare la presenza di tante acque?
Il sito non lascia indifferenti, lo spirito che aleggia tra le antiche mura dai colori caldi e dalle armoniche architetture è soave, ispira pace e serenità e ammalia con le simbologie di cui si è perso ormai il significato.


La pieve, le cui origini sono scarsamente documentate, trascorre tra storia e mistero che il luogo stesso rinnova: come Sant’Antimo sorge in prossimità di varie acque che trovano la loro presenza materializzata nel piccolo pozzo nei presi della facciata e nel fossato che la circonda per poi materializzarsi, come ci è stato raccontato accadere in tempi andati, nel particolare raccoglitore a forma di due cerchi collegati da una canaletta rettangolare, oggi riempiti di pietrame. Come Sant’Antimo sorge sui resti di un’antica villa romana che i mosaici rinvenuti attestano. Un luogo ricco di storia, a partire da quella etrusca e romana, luogo prescelto, amato perché ameno e salubre.
Come non restare incantati di fronte alla plasticità della pieve che si staglia isolata nella piana su un prato ben tenuto e piante d’alto fusto che ne segnano e delimitano i confini così come sono posti su differenti piani prospettici?
Dopo la prima suggestione, ad un’analisi più attenta, sa mostrare anche i suoi pregevoli segreti tutti da scoprire.
Nella storia documentata le prime attestazioni risalgono all’XI secolo anche se la sua costruzione può essere ricondotta a periodi precedenti. Sicuramente sorgeva su una strada di importante comunicazione, come tutte le pievi del periodo. Una particolarità la contraddistingue in quanto presenta caratteri architettonici compositi:

in alto, accanto al campanile massiccio a struttura di torre con la base a scarpa di modello longobardo, l’agile decorazione del tiburio, definito da molti uno pseudo tiburio in quanto non copre una cupola, di ispirazione pisana con le sue arcatelle rombi e tondi; i resti del chiostro inoltre presentano influssi vallombrosani mentre all’interno i pilastri a fasci, di carattere francese, avrebbero probabilmente dovuto sostenere una volta a botte nella navata centrale.



La semplice facciata che termina a capanna è costituita di blocchi di tufo su cui si apre un portale e una monofora fiancheggiata da due bassorilievi:


a destra una figura umana che porta al guinzaglio un leone e dall’altra un serpente o un drago sovrastato da un animale alato. Il timpano è segnato da una decorazione a intreccio mentre sul portale l’arco a tutto sesto è sottolineato con pietre a bicromia alternata. L’effetto complessivo, pur nella semplicità, è di notevole riuscita compositiva.
Accanto al campanile, sicuramente più antico, si apre una porta ad arco che introduce in un ampio piazzale occupato in parte da un chiostro e sull’altro lato da un caseggiato con stemmi e belle bifore a impianto ogivale. Elegante e sobrio il piccolo chiostro è costituito da un loggiato aperto da archetti sorretti da colonnine e capitelli di foggia diversa.




Si accede all’interno della pieve scendendo alcuni gradini e si viene subito colpiti dai possenti pilastri a fascio che separano la navata centrale dalle laterali, ornati da capitelli a motivi decorativi diversi: palmette, figure umane oranti, figure zoomorfe.



Sullo sfondo dell’abside centrale illuminata da una monofora, solo l’altare: si presenta infatti nuda e spoglia di altre suppellettili, tranne un fonte battesimale.

Un altro gioiello della val di Merse che merita un viaggio.

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