di Salvina Pizzuoli

Siamo a Pistoia.
Trascorrere per le strade della cittadina è respirare il medioevo nel periodo che fu il più fulgido: dalle origini, la romana “Pistoria”, alla città longobarda dell’VIII secolo fino alla formazione del libero Comune alla fine dell’XI secolo e che prosperò raggiungendo l’apice della floridezza e opulenza artistica nel XIII secolo che ne rispecchiava il più alto sviluppo economico.
A questo periodo appartengono le belle chiese romaniche di San Bartolomeo in Pantano, San Andrea e San Giovanni, detta Fuorcivitas perché sorta fuori dalla prima cerchia di mura; quelle che ancora oggi sono visibili sono trecentesche, poi fortificate dai Medici quando la città, nel 1530, venne a far parte del ducato mediceo.


Tre architetture religiose accomunate all’esterno da quella che potremmo definire una caratteristica propria del rivestimento contraddistinta da strisce marmoree bianche e verde scuro tipiche del periodo medievale pisano-ligure-toscano.
Stiamo percorrendo via Cavour e si resta impressionati, piacevolmente, dall’elegante architettura che caratterizza il lato sinistro della chiesa che corre proprio lungo l’ampia strada. Restiamo incantati e con il naso all’insù per ammirare la serie di colonne e archi che si succedono in alto. E come non notare le decorazioni che ornano il bel portale laterale!

Ma procediamo con ordine.

La chiesa è documentata già nell’XI secolo  con attestazioni dal 1119 ma è tra XII e inizio XIV secolo che assume l’aspetto più vicino all’attuale. Dell’impianto originale restano la primitiva facciata in travertino e serpentino verde e il portale oggi apertura laterale: le fasce bicrome tipiche del romanico pisano in basso sono articolate da alte arcate su lesene che racchiudono decorazioni a rombi, seguono due ordini di gallerie cieche ad archi su colonnine. Nel primo ordine di galleria si aprono monofore e gli archetti al loro interno recano decorazioni a rombi. In basso, quasi al centro dell’armonica decorazione, il portale laterale.  
Nell’architrave ammiriamo un bassorilievo che raffigura l’Ultima Cena, datato forse 1162, e attribuito a Gruamonte, scultore e  architetto, attivo a Pistoia nella seconda metà del XII secolo.

Al di sopra dell’architrave, due leoni atterrano un uomo e un orso e sostengono un archivolto inserito nell’arcata, motivo tipico dell’architettura del periodo. Nella lunetta, S. Giovanni Battista, statuetta di scuola pisana (1345).
Tra il Duecento e il Trecento la chiesa viene modificata seguendo il gusto gotico e testimoniando il livello e il prestigio raggiunto, a livello economico e culturale, dalla città nel periodo comunale. L’opulenza raggiunta si ripercuote sugli aspetti artistici determinando nuove aperture e nuove finestre nonché l’abbellimento all’interno con pregevoli opere d’arte e scultoree e pittoriche che faranno di San Giovanni uno dei centri artistici principali.

Entriamo dal portale principale che si apre su un angusto vicolo con una facciata incompleta nella parte superiore.

Il visitatore non può non restare colpito dall’ampio locale a una sola navata che si apre davanti a lui, circondato da opere che saltano immediatamente all’attenzione.

Davanti a noi un’acquasantiera, a destra un ambone affiancato da una terracotta invetriata di due figure femminili, sullo sfondo l’altare con un crocefisso ligneo di particolare fattura, nel presbiterio affiancati a finestroni con vetri istoriati, affreschi, a destra e a sinistra tavole lignee e un polittico.

Analizziamone uno alla volta.

E iniziamo dall’acquasantiera che occupa una posizione centrale, anomala rispetto alla consuetudine: è la bell’opera di Giovanni Pisano. Tre cariatidi, le tre virtù teologali, Fede Speranza e Carità,  sostengono un cratere in alabastro decorato con i busti delle quattro virtù cardinali, Giustizia, Fortezza, Temperanza e Prudenza.

Procediamo e fermiamoci a “leggere” quanto l’artista che lo ha confezionato voleva comunicare. L’ambone o pulpito è un’opera di Fra’ Guglielmo da Pisa, seguace di Nicola Pisano, datata 1270. Nelle formelle, dieci formelle rettangolari, le scene sono scolpite ad alto rilievo e raccontano episodi del Nuovo Testamento: nel lato minore di sinistra Annunciazione e Visitazione / Natività con Adorazione dei Magi.
Nella fronte: Lavanda dei piedi /Crocifissione/Deposizione/Discesa al Limbo. Nel lato minore a destra: Ascensione di Cristo/Discesa dello Spirito Santo/Transito della Vergine L’opera è arricchita da figure angolari, tra cui spicca il gruppo del leggio sostenuto dai simboli degli Evangelisti. 

Se procediamo verso il Presbiterio, sulla destra la terracotta invetriata di Luca della Robbia datata 1445, periodo in cui  la chiesa si arricchisce di opere rinascimentali; intitolata La Visitazione, raffigura la giovane Maria con l’anziana Elisabetta: dopo l’Annunciazione, Maria va ad aiutare la cugina anziana e sterile, miracolosamente incinta del futuro Giovanni Battista.


Ed eccoci in prossimità dell’altare: in alto un Cristo trionfante, opera lignea del XIII secolo.

A sinistra dell’altare il polittico di Taddeo Gaddi allievo di Giotto:  Madonna in trono con Bambino e Santi (Giacomo, Giovanni Evangelista, Pietro e Giovanni Battista); nella parte superiore  figure di santi e una scena dell’Annunciazione.

A destra Giovanni di Bartolomeo Cristiani, il polittico datato 1370, con le Storie di Giovanni Evangelista.

Gli affreschi nella zona del coro illustrano storie della vita del Cristo e sono datati inizi del XIV secolo.

Durante la Seconda guerra mondiale l’edificio venne gravemente danneggiato dai bombardamenti; negli anni ’60 e ’90 sono stati seguiti lavori di restauro per ricostruire le parti danneggiate ma anche conservarne la struttura romanica e preservare un gioiello dell’arte del tempo e le notevoli opere che racchiude in uno scrigno prezioso.

Non solo questa chiesa merita un viaggio ma anche le altre sopra citate e coeve cui appartengono tre amboni e che meritano un articolo.

Un buon anno a tutti con la Bellezza e l’Arte delle nostre città!