di Salvina Pizzuoli

Le strade di una città, come i fili di una fitta ragnatela, tessono un reticolo che si snoda e s’apre o si strozza e chiude o s’immette in altri reticoli. Più antica è la città più le sue strade ne scandiscono la storia impressa anche nella odonomastica e in tutta quella serie di architetture che la caratterizzano e rendono unica. Più antica è la via e più i suoi nomi si sovrappongono o, se restano originari, hanno perso di senso e, sconosciuti ai più, la loro denominazione diventa solo un modo per chiamare o meglio indirizzare il visitatore e il cittadino.

Pianta con il tragitto segnalato in rosso (clicca per ingrandire)

Questo che proponiamo è quindi il primo dei viaggi curiosi per le vie del centro di Firenze, alla scoperta di storie e bizzarrie contenute non solo nella odonomastica ma in quanto le contraddistingue e rivela.

Iniziamo percorrendo la lunga e a tratti stretta via dell’Agnolo, per poi sbirciare in via delle Conce e in Borgo Allegri fino a via Buonarroti e finire in Via de’ Pepi.

Entriamo in via dell’Agnolo dal Viale della Giovane Italia.

La storia ci racconta che la creazione del viale fu la conseguenza degli avvenimenti della seconda metà dell’Ottocento quando, stravaganza delle vicende umane, Firenze divenne capitale dell’allora Regno d’Italia. Le mura furono così abbattute per far posto a quelli che oggi chiamiamo i Viali di Circonvallazione. Lo stesso viale, con delibera comunale del 1869, aveva un altro nome, ispirato alla figura di un sovrano piemontese, quello a cui si deve, per volontà o per caso, l’inizio del processo di unità nazionale: Carlo Alberto.

E procediamo.

Via dell’Agnolo a cosa o a chi deve il suo appellativo?

Via dell’Agnolo angolo via delle Conce, quel che rimane di una scultura raffigurante San Michele Arcangelo

La denominazione attuale si deve a San Michele Arcangelo o Agnolo una cui scultura, ormai erosa dal tempo e difficile da identificare con un angelo, troviamo ancora oggi in angolo con via delle Conce. L’Arte dell’Agnolo inoltre raggruppava quei lavoratori che non trovavano posto e collocazione nelle altre Arti, che esercitavano mestieri molto umili e vivevano nel quartiere di Santa Croce; il loro protettore era San Michele Arcangelo che, con la spada e la bilancia con cui era raffigurato, era simbolo di giustizia ed equilibrio. In tempi lontani invece aveva a tratti nomi diversi: fino a via de’ Macci, ad esempio, si chiamava via delle Fornaci testimonianza, insieme alla vicina via della Mattonaia, delle fornaci di mattoni e tegole allora esistenti e il tratto successivo fino a Borgo Allegri si chiamava Canto della Briga come indica un’ iscrizione marmorea.

Su via dell’Agnolo, davanti a via delle Conce tabernacolo con la Crocifissione

La lunga e diritta via dell’Agnolo è caratterizzata dalla presenza di due monasteri fondati intorno al XV secolo, delle Murate e di Santa Verdiana, trasformati nella prima metà dell’Ottocento in carceri, il primo in quelle maschili e il secondo in quelle femminili, e da ben tre tabernacoli: la “Crocifissione” davanti a via delle Conce, la “Madonna col Bambino” sull’angolo di Via Buonarroti e, sull’angolo con via de’ Pepi, l’”Annunciazione” di Ermanno Toschi (1906 – 1999) in sostituzione di un affresco perduto.

Sul portone lungo il fianco della chiesa di Santa Verdiana su via dell’Agnolo i tre scetti ormai illeggibili raffiguranti una croce rossa, simbolo del popolo; il glglio, simbolo della città; l’aquila col drago, stemma della fazione guelfa

Iniziamo il nostro percorso notando al civico 14, i tre scudi sull’architrave dell’antico portone del complesso di Santa Verdiana: raffiguravano uno una croce rossa, lo stemma del popolo; l’altro il giglio simbolo della città e nel terzo l’aquila con un drago ai piedi, stemma della fazione guelfa; oggi il degrado subito non permette di riconoscere alcuno di questi elementi. Un altro stemma lungo il fianco della chiesa, ma per vederlo occorrerà alzare lo sguardo lungo la parete scortecciata, attraversato da un striscia di traverso ricorda invece il fondatore: ser Niccolò di Manetto di Bonagiunta.

Su via dell’Agnolo lungo il fianco della chiesa di Santa Verdiana lo stemma del fondatore ser Niccolò di Manetto di Bonagiunta

Procediamo sempre lungo via dell’Agnolo: superata via di Santa Verdiana sulla destra, si apre a sinistra la via delle Conce il cui nome ricorda l’attività dei conciatori delle pelli svolta in grandi stanzoni intorno al quartiere di Santa Croce, attività che non godeva di particolare apprezzamento, un lavoro umile e laborioso, tanto che erano indicati come “pelacani”. Nei nomi delle strade limitrofe ritroviamo i diversi modi con cui si chiamavano i lavoratori del settore: il tratto che va da via dei Malcontenti a via dei Conciatori era detto via de’ Bucciai, con cui si designavano i lavoratori del pellame più pregiato, e via dei Pelacani il tratto che va da via dei Conciatori a via Ghibellina. Ma addentriamoci un attimo a destra su via delle Conce si apre su questo lato un’ampia e alta cancellata che segna l’accesso al giardino di palazzo Vivarelli Colonna, un giardino all’italiana dei primi del settecento chiuso tra gli alti muri, che si rivela attraverso i vasi di terracotta che ne guarniscono il muro di cinta, sempre su via dell’Agnolo, ma in alto. Si sa ormai, nelle città con tanta storia, occorre girare guardando anche in alto, con il cosiddetto naso all’insù.

Vasi ornamentali sul muro di cinta del giardino di palazzo Vivarelli Colonna su via dell’Agnolo
Il muro del giardino Vivarelli Colonna dalla cancellata su via delle Conce

Torniamo su via dell’Agnolo e proseguendo incrociamo via de’ Macci da una potente famiglia ghibellina, ridotta in miseria dalle lotte che animarono le fazioni. Prima di chiamarsi così la strada assumeva nomi diversi: da via Ghibellina a via dell’Agnolo si chiamava Malborghetto indicando le povere abitazioni che vi albergavano, e il tratto che da via dell’Agnolo portava a Sant’Ambrogio si chiamava via dei Pentolini, a designare il prodotto culinario di un’osteria: la mostarda. E i pentolini?

Piatre marmorea che ricorda la precedente denominazione della strada con l’odometro “via dei pentolini”

Il nome era legato all’insegna dell’osteria che esponeva una frasca con tanti pentolini attaccati. Storia e tradizioni culinarie arrivate fino a noi attraverso i nomi delle strade e non solo: che la mostarda fosse una salsa gradita in Toscana lo dimostra la ricetta di Pellegrino Artusi che nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” numero 788 la indicava come: “Mostarda all’uso toscano”.

Superata via de’ Macci, proseguendo incontriamo Borgo Allegri, che prende anch’essa il nome da una famiglia, in questo caso proveniente dal Mugello, che non ebbe un ruolo significativo nella vita della città, ma la strada a cui dettero il nome sì: qui ebbe bottega Cimabue, Lorenzo Ghiberti vi aprì il laboratorio e in tempi più recenti vi soggiornò anche Giuseppe Mazzini.

Ed eccoci ora arrivati all’intersezione di via dell’Agnolo con via Buonarroti, la strada dedicata al grande artista che abitò nella casa che faceva angolo con via Ghibellina, oggi occupata dal Museo a lui dedicato con il nome di “Casa Buonarroti”. Da non trascurare su questa strada, ma a destra su via dell’Agnolo, il palazzo dal nome Casa Lapi che si riconosce per essere un palazzotto quattrocentesco con la facciata decorata a graffiti.

Museo “Casa Buonarroti”
Casa Lapi su via Buonarroti

Siamo giunti quindi al termine del nostro primo itinerario, siamo in via de’ Pepi dal nome di un’altra famiglia stabilitasi a Firenze proveniente da Cipro da dove pare avesse portato il pepe e da lì il nominativo. La famiglia era comunque nota per il commercio delle spezie e pertanto è probabile che il suo appellativo derivasse da questa attività.

Via Buonarroti, Casa Lapi particolare dei graffiti della facciata

Oltrepassata via Verdi, sul cantone con via de’ Pandolfini un altro tabernacolo, quasi a chiudere il  percorso da questi punteggiato, e un’altra Annunciazione.

Al prossimo itinerario, sempre curiosando alla scoperta di altra storia e altre storie!

Tabernacolo via dell’Agnolo angolo via Buonarroti, “Madonna col Bambino e san Giovannino” di pittore fiorentino del XVI secolo
Via dell’Agnolo angolo via de’ Pepi. “Annunciazione ” di Ermanno Toschi 1953
“Annunciazione” via de’ Pandolfini di Giovanni Balducci (1560-1600)

Vai agli altri itinerari: Odonomastica delle strade di Firenze