di Michele Zazzi

La storiografia, nel tempo, si è interrogata sulla storicità della figura di Porsenna. Secondo alcuni Porsenna sarebbe un personaggio leggendario; si ritiene che il nome non sia altro che una personificazione della magistratura etrusca Purth, Purthsna. Per altri Porsenna e Macstarna (Servio Tullio) sarebbero la stessa persona. La prevalenza degli studiosi oggi però tende a ritenere che il personaggio sia realmente esistito.
La tradizione romana (Tito Livio, I, 9 – 15) riferisce che Tarquinio il Superbo cacciato dal trono di Roma (509 a.C.) avrebbe chiesto aiuto a Laris Porsenna, re di Chiusi. Il condottiero etrusco avrebbe stretto d’assedio la città laziale, ma poi, colpito ed ammirato da alcuni atti di eroismo dei Romani (Orazio Coclite, Muzio Scevola, Clelia), avrebbe abbandonato il progetto di rimettere sul trono Tarquinio concedendo la pace a Roma. Porsenna avrebbe anche cercato di espandersi nel Lazio per ripristinare i contatti con le città etrusche della Campania, ma l’esercito comandato dal figlio Arrunte sarebbe stato sconfitto dai Latini e dai Cumani ad Ariccia (505 o 504 a.C.). A seguito della sconfitta il sovrano etrusco avrebbe fatto ritorno a Chiusi.

Secondo altre fonti (Tacito, Hist., III, 72), forse più credibili, nel 507 – 506 a.C. vi sarebbe stato un vero e proprio dominio di Porsenna sui Romani ed il Senato per ottenere la pace avrebbe dovuto riconoscere la potestà del vincitore ed accettare il divieto di usare il ferro salvo che per l’agricoltura (Plinio il Vecchio nat.hist. XXXIV, 14, 46 e 139). Il Senato romano inoltre attribuì a Porsenna le insegne dei re: un trono d’avorio, uno scettro, una corona d’oro ed una veste trionfale (Dioniso di Alicarnasso, Antichità Romane, V,36, 1). Viene riferito anche che i Romani eressero al sovrano etrusco una statua e gli resero onori per molti anni (Plutarco, Publicola, 19,6). L’egemonia di Porsenna su Roma troverebbe conferma nella sopravvivenza al potere, per un certo periodo di tempo successiva al suo ritiro, di esponenti di famiglie aristocratiche etrusche (Larcii, Aquilii, Veturii, Tarquitii, Volumnii) che ricoprirono la carica di console.
Le fonti latine e greche definiscono variamente Porsenna re di Chiusi, di Chiusi e di Orvieto (a capo quindi di un ampio stato che andava dalla Val di Chiana alla media Valle del Tevere) o più genericamente re dell’Etruria o degli Etruschi. L’autorità ed il potere di Porsenna erano comunque notevoli tanto che Tito Livio (II,9) riferisce che “Mai altre volte in passato tanto terrore aveva invaso il Senato (di Roma): tanto era allora forte lo stato di Chiusi, tanto era grande la fama di Porsenna”.
Ci si è quindi chiesti se il sovrano fosse a capo della sola lucumonia di Chiusi (sarebbe stato sufficiente per sostenere l’impresa militare contro Roma?), se fosse stato comandante di un’alleanza di diverse città etrusche o se addirittura avesse ricoperto cariche a livello confederale (situazione quest’ultima che appare poco probabile almeno con riferimento al VI secolo a.C.).
Plinio il Vecchio sembrerebbe avvalorare il legame tra Chiusi ed Orvieto; l’autore infatti racconta (Nat. Hist. 2, 54, 140) che Porsenna – definito re di Volsinii – avrebbe annientato il mostro Olta che minacciava la città di Orvieto evocando un fulmine.
Recentemente l’archeologa Simonetta Stopponi (Un santuario ed un tiranno, in Annali della Fondazione per il Museo Claudio Faina, Edizioni Quasar, 2020, pagg. 693 e ss.) ha proposto di connettere l’episodio riportato da Plinio ad un rinvenimento nel santuario della necropoli di Cannicella ad Orvieto. All’interno di un pozzo (di fronte ad un piccolo tempio), tra gli altri reperti, è stata ritrovata la punta di una freccia della facies del Rinaldone. La cuspide di selce, che è stata oggetto di un seppellimento rituale, viene interpretata come rappresentazione simbolica dei fulmini (in tal senso Scoliasta di Persio Sab. II, 26). L’autorevole archeologa ritiene anche che la trasformazione dell’area sacra del Campo della Fiera, ritenuta la sede del Fanum Voltumnae, in grande luogo di culto extraurbano possa essere stata determinata da un capo, che può identificarsi in Porsenna.
Il nome purzena o pursena sino ad oggi non risulta epigraficamente attestato. A Volsinii, ma non a Chiusi, in età arcaica si ritrova Pulse (al quale potrebbe essere stato aggiunto il suffisso aggettivale -na). Si ritiene che il nome abbia però un’origine umbra e quindi l’homo novus Porsenna potrebbe essere stato accolto nell’ambito della società volsiniese (in questo senso Giovanni Colonna).

Porsenna quindi potrebbe essere stato una sorta di tiranno, sostenuto da gruppi arricchitisi con il commercio e dalla classe oplitica ed appoggiato dal demos, con una signoria estesa quanto meno su Chiusi e Volsinii.
La grandezza di Porsenna viene confermata anche da Plinio il Vecchio (nat.hist. XXXVI, 19 91-93) che ci racconta che il potentissimo re era stato sepolto sotto la città di Chiusi in un grandioso mausoleo, di 90 metri per lato, che conteneva un labirinto inestricabile sormontato da piramidi.
Dal mese di luglio 2025 la cd. testa di Porsenna realizzata tra il 1518 ed il 1528 da Andrea Sansovino, potrà essere ammirata per dieci anni presso il Museo Civico Pinacoteca Crociani di Montepulciano (SI). L’opera, ritrovata nel 1836, era parte di una statua in terracotta dipinta di circa tre metri, ma già dalla fine del 500 si conservava solo la testa. Secondo una tradizione locale Montepulciano sarebbe stata fondata proprio da Porsenna (Spinello Benci, Storia di Montepulciano, 1641).
Indicazioni bibliografiche:
Sulla figura di Porsenna cfr.,tra gli altri, M. Di Fazio, Porsenna e la società di Chiusi, 2000, Studi di letteratura e storia dell’antichità, Università di Pavia; Diego Balestri, Porsenna, Casa Editrice Kimerik, 2019; Jorge Martinez-Pinna, Apuntes sobra la intervencion de Porsenna en Roma, 2011 in Corollari Scritti di antichità etrusche e italiche in omaggio all’opera di Giovanni Colonna, pagg. 56 e ss; Giovannangelo Camporeale, Gli Etruschi storia e civiltà, UTET, 2015, pag. 351.
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