
Portoferraio è lo scalo marittimo più importante dell’Elba, situato a levante dell’ampia rada naturale che si apre sulla costa settentrionale dell’isola tra le punte Falcone e Falconaia e, data la sua particolare posizione, i colli che la circondano e la profondità all’interno della costa offre efficace protezione dai venti provenienti da tutte le direzioni. Solo lo scirocco provoca risacca.
I Greci la chiamarono Argous, gli Etruschi utilizzarono il porto per trasferire i minerali di ferro provenienti dalla miniere del Riese sulla costa e farli lavorare a Populonia e Scarlino, i Romani vi costruirono un castello di difesa e un grande deposito per raccogliervi i materiali in attesa di essere imbarcati e trasferiti sulla costa. Come ci tramandano Diodoro Siculo, Virgilio e Strabone, da quel deposito il nome di Ferraium, che i Romani dettero alla rada.

Anche nel medioevo grazie ai giacimenti minerari sempre attivi nell’sola e alla vicinanza alla costa della penisola Ferraja mantenne intatta la sua importanza.
Nel 1508 l’imperatore Carlo V concesse Portoferrajo a Cosimo I dei Medici che dispose la costruzione di poderose mura dei due forti, Falcone e Stella, e di una torre ottagonale (Linguella) sull’estrema lingua di terra all’imboccatura di levante della darsena mentre sul lato opposto venne eretta la Torre del Gallo. L’abitato venne chiamato Cosmopoli in onore del granduca, toponimo che non ebbe alcun seguito.

Negli anni successivi Portoferraio divenne una delle migliori basi navali del Mediterraneo, capace di accogliere un’intera flotta di navi da guerra e da carico. I Lorena cercarono di incrementarne l’economia impiantando intorno alla metà dei ‘700 saline nelle sue vicinanze, a San Rocco e all’Annunziata, e favorendo commerci, come quello del vino. Le saline erano del tipo detto “alla trapanese”, cioè con fosse lastricate di pietre, per cui furono chiamati da Trapani operai specializzati per la loro costruzione.

Intorno alla metà dell’Ottocento il porto, che occupava il lato E della rada – 45.000 mq -, aveva un perimetro di 760 m e fondali da 6 a 15 m. Vi erano 50 ormeggi e due scali per carenaggio.
Una nuova fase ebbe inizio nel 1902, quando la “Società anonima Elba miniere e altiforni” costruì a Portoferraio un grande stabilimento siderurgico per la fusione dei minerali di ferro isolani e di rottami ferrosi importati. In particolare vi si produceva ghisa e ferroleghe e dal 1926 cemento d’alto forno.
Fuori della darsena medicea si formò un vero e proprio porto industriale dotato di grandi e moderne attrezzature: 4 pontili metallici, il maggiore dei quali l’Hennin servito da teleferica, permetteva l’attracco di piroscafi fino a 10.000 tsl; 15 gru elettriche della potenzialità oraria di 10 ton. ciascuna, che consentivano un movimento giornaliero fino a 2.000 ton. di carbone e a 1.500 ton. di minerali di ferro; un numero imprecisato di gru a vapore che si muovevano su binari tanto nell’ area portuale che in quella dello stabilimento siderurgico. Nel porto industriale operavano 6 rimorchiatori, 38 chiatte da carico e scarico, 4 bettoline e 98 battelli per “arti marittime”. Il traffico marittimo di Portoferraio continuò a crescere fino allo scoppio del Secondo Conflitto mondiale.
Nel quadriennio 1901-04, la media annua del movimento passeggeri fu di 21.550 unità. Benché i piroscafi postali attraccassero normalmente al molo Elba, di fronte alla centralissima Porta a Mare erano in servizio 9 barche a remi per il trasbordo di passeggeri e bagagli da e per le navi che si ormeggiavano in rada.
Nei primi anni trenta fu completata la sistemazione della darsena con il banchinamento delle calate Buccari e Umberto I e con il rafforzamento del molo del Gallo. Accanto agli altiforni sorsero altre industrie, cosicché Portoferraio divenne uno dei primi porti d’Italia per l’entità del suo movimento.

Negli anni dal 1930 al 1938 la media annua del traffico merci fu di l.073.153 ton. (punta massima di l.270.530 ton nel 1937). Le merci sbarcate, costituite per il 90% da carbone fossile, minerali e
rottami ferrosi (per il restante 10% da oli minerali, legname, laterizie derrate alimentari), prevalevano su quelle imbarcate, rappresentando i due terzi del movimento portuale. Le merci in partenza erano costituite principalmente da prodotti siderurgici, cemento d’altoforno e vino. Poco praticata la pesca, a parte quella del tonno esercitata all’Enfola e al Bagno di Marciana.
In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, dopo la distruzione degli stabilimenti industriali, non più ricostruiti tranne il cementificio, e delle opere portuali il movimento commerciale discese a valori di gran lunga inferiori a quelli prebellici a favore di un consistente sviluppo del traffico turistico.
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