di Salvina Pizzuoli

Una storia antichissima che affonda le sue origini nel VII secolo, così lontane nel tempo che se ne sono perse le documentazioni ma di cui restano memorie: uno splendido convento situato oggi nel comune di Scarperia San Piero dentro un bosco di cerri, in un ambiente dalla bellezza rara e per le creazioni di madre natura e per gli interventi dell’uomo: ondulazioni lievi accompagnano il viaggiatore, una campagna lussureggiante e provvida dove i verdi intensi delle colture e il verde delle presenze arboree armonizzano accompagnando lo sguardo fino all’orizzonte segnato e limitato dai monti. L’ambiente pacato e rasserenante accoglie il visitatore, insieme al silenzio che domina tra gli alberi e tra le mura dell’ampio complesso architettonico. Siamo qui per ammirare nella loro antica collocazione opere d’arte poi trasferite per le alterne vicende e vicissitudini che accompagnano la vita degli uomini e delle cose.

La Storia

Un po’ di storia per capire e collocare nella tela del tempo fatti e avvenimenti principali.

Un primo insediamento si fa risalire, senza però una precisa documentazione, al VII secolo nella proprietà degli Ubaldini, una potente e ricca casata di Signori, che l’affidarono ai frati minori basiliani; fu poi abbandonato, intorno al 1000, come racconta Fra’ Giuliano Ughi della Cavallina (XV secolo), guardiano del convento, cui si deve anche la datazione dei primi insediamenti. In seguito, intorno ai primi anni del XIII secolo, sempre in base alla testimonianza e ricostruzione di Fra’ Giuliano, gli Ubaldini affidarono l’uso del convento ai frati francescani. Ed è proprio intorno ad un frate francescano che si rileva l’avvenimento, storicamente documentato, delle insegne cardinalizie ricevute da San Bonaventura da Bagnoregio, raccontate da Fra’ Dionisio Pulinari, evento invece taciuto da Fra’ Giuliano Ughi, che racconta quanto ormai fa parte della storia tramandata: era il luglio 1273, fra Bonaventura era intento a lavare i piatti in un catino di pietra, ancora oggi visibile nella sua cella nel cortile del convento, sapientemente scavato e munito di scarico, e si dice che avesse fatto attendere il legato per concludere il suo modesto lavoro.

Ma un nuovo abbandono attende le mura del convento: la terribile epidemia di peste che imperversò  tra il 1346 e il 1349, e costrinse i frati francescani a trasferirsi.

I nuovi proprietari, i Medici, nel 1427 e dopo quasi un secolo di abbandono, insediarono i frati dell’Osservanza, un ordine di frati minori francescani. È da qui che ha inizio una vera rifioritura del convento come mostra l’attuale struttura dove lo stemma mediceo compare in molte delle decorazioni del complesso conventuale: pale d’altare, dipinti, volumi miniati furono le opere commissionate insieme ai lavori di ristrutturazione e di rifacimento, affidate tra il 1427 e il 1436 a Michelozzo.

Ma un altro avvenimento avrebbe, il 13 giugno 1542, funestato la storia del convento: un forte terremoto, tra i più catastrofici tra quelli che ebbero effetti pesanti nelle terre mugellane, determinò, come racconta Fra’ Giuliano Ughi, la caduta del grande crocifisso cui si ruppero le gambe il corpo e un braccio e fu mandato a Scarperia per essere racconciato; il crocifisso in questione è quello che oggi possiamo ammirare: ritrovato casualmente, fu oggetto di studio e di restauro da parte della Soprintendenza alle Belle Arti di Firenze, fu attribuito a Donatello, e restituito alla sua originaria fattura.

Tra le opere d’arte di cui fu dotato il convento va annoverata “La sacra conversazione” ovvero “la Pala di Bosco ai Frati” opera di Giovanni da Fiesole più conosciuto come Beato Angelico, oggi al Museo di San Marco a Firenze, il trittico di Nicolas Froment “La resurrezione di Lazzaro” (1461) che oggi possiamo ammirare nelle sale allestite nel convento per un breve periodo (fino al 30 aprile 2023), ma di stanza alla Galleria degli Uffizi e molte opere pittoriche presenti nella chiesa del convento, in specifico nell’articolo dedicato all’interno della chiesa medesima.

Le opere  non più presenti nel convento e nella chiesa, furono trasferite per ordine del granduca Pietro Leopoldo I con il quale iniziò una politica di riordino e riorganizzazione della Chiesa toscana a partire dalla soppressione dei conventi e della manomorta che continuò fino ai primi anni dopo l’Unità; nel 1869 il marchese Gerini acquistò l’intero complesso riaffidandolo ai frati francescani.

ARTICOLI CORRELATI

Bosco ai Frati: la Chiesa e il convento di San Bonaventura

Il Trittico di Nicolas Froment

Il Crocifisso di Donatello


Bibliografia

Gianni Frilli “La chiesa, il convento e il museo di San Bonaventura al Bosco ai Frati”2022 Edizioni Noferini.it

Autori Vari “Chiese, cappelle, oratori di Scarperia e San Piero a Sieve e del suo territorio” 2021 Edizioni dell’Acero