Alpe delle Tre potenze, il passo detto di Annibale
Alpe delle Tre Potenze, la strada e il passo detto di Annibale

di Alessandro Ferrini

La figura di Annibale ebbe e ha sempre occupato un posto particolare nell’immaginario collettivo, suscitando sentimenti contrastanti, un misto di terrore e ammirazione; basti pensare alla toponomastica: l’Italia è piena di ponti di Annibale, passi di Annibale, strade di Annibale, quasi che ognuno volesse avere un richiamo vicino a ricordare il fascino esercitato dal grande condottiero cartaginese. Su di lui aneddoti e leggende, perfino proverbi, si sono creati e perpetuati per secoli: temuto o ammirato, talvolta ridicolizzato quasi a esorcizzare il terrore che aveva scatenato, ha lasciato il segno delle sue imprese anche in Toscana.

Agli inizi della primavera del 217 Annibale accampato presso Piacenza dove aveva passato l’inverno, decise di muovere verso sud. Questo significava valicare gli Appennini e tenersi lontano dagli eserciti consolari. La primavera di quell’anno fu particolarmente fredda e piovosa e la traversata dell’Appennino fu drammatica, quasi quanto quella alpina. Come narra Tito Livio, dopo il primo tentativo fallito per le terribili condizioni atmosferiche che lo costrinsero a ritornare indietro con l’esercito, finalmente Annibale valicò la catena montana e giunse in prossimità di Pistoia.

Sia per individuare il punto del passaggio delle Alpi sia per quello dell’Appennino bisogna affidarsi più a congetture che a certezze. Non ci aiuta neppure l’enorme fioritura di toponimi, la maggior parte dei quali legati alla leggenda associata al nome di Annibale, presenti ancora oggi nella montagna pistoiese, come in gran parte dell’Italia. Nella Val di Luce, ad esempio, in prossimità dell’Abetone, una tortuosa carrareccia, ancora oggi percorribile, si dirige verso la Lunigiana attraverso un passo detto di Annibale. In tal caso il Cartaginese avrebbe scelto un percorso assai frequentato nei tempi antichi che scendendo lungo la valle del Serchio lo avrebbe condotto alla confluenza con l’Arno e da qui lungo il basso Valdarno fino a Fiesole. Poco probabile questa scelta essendo l’itinerario ben conosciuto dai Romani che avrebbero potuto intercettare l’esercito cartaginese stremato dalla traversata all’uscita della valle.

Altri ritengono che l’esercito cartaginese scendesse dal Mugello e attraversasse la Sieve nei pressi dell’odierna Sagginale dove esiste ancora oggi un ponte di Annibale; in tal caso però avrebbe superato la zona di Fiesole, zona espressamente citata da Tito Livio.

Sagginale Ponte detti di Annibale
Sagginale Ponte detto di Annibale in una vecchia cartolina; si trova su un antico tracciato che da Fiesole scendeva in Mugello attraverso Monterotondo e i monti della Malcava.

In realtà appare assai più verosimile che il condottiero cartaginese abbia valicato la catena appenninica in un luogo assai più agevole, sul passo di Collina, situato alla modesta altezza di 952 metri, in prossimità della località denominata Porretta. Da qui una discesa abbastanza facile porta sulla piana di Pistoia. Qualunque sia stato l’itinerario percorso, certamente la montagna non fu amica di Annibale: una bufera tremenda lo colse lungo la salita e alla fine della discesa trovò le paludi della piana dell’Arno fra Pistoia e Firenze allagate dallo straripamento del fiume, gonfio per le abbondanti piogge di quella primavera. All’inizio della colonna erano situati gli Africani e gli Ispani con i loro bagagli perché, se si fossero dovuti fermare in qualche punto, avessero sempre il necessario a portata di mano. Dietro venivano i Galli e infine la cavalleria. Il percorso fu durissimo, per quattro giorni e tre notti non fu possibile trovare un luogo adatto al riposo: gli acquitrini e le paludi lo impedivano, i soldati procedevano immersi nel fango e crollavano a terra sfiniti dalla stanchezza, lo stesso Annibale, benché avanzasse sulla groppa dell’unico elefante superstite, soffriva terribilmente per un’infezione oftalmica che gli causò la perdita di un occhio. Soltanto quando giunse sulle colline in prossimità di Fiesole, ripercorrendo il vecchio tracciato di origine etrusca, l’esercito poté riposarsi, dopo aver perso molti uomini e molte cavalcature.

Da qui, risalendo sulla destra il corso dell’Arno, l’esercito cartaginese giunse nei pressi di Incisa. Nella frazione di Bruscheto, fra Incisa e Reggello, ancora oggi è possibile ammirare un altro ponte di Annibale: la tradizione vuole che il condottiero abbia superato l’Arno proprio in quel punto; in effetti la costruzione odierna risale all’alto medioevo: la struttura, in pietra locale, è lunga 40 metri e si snoda su quattro campate, che si appoggiano sulle rocce che emergono dal fiume. Probabilmente fu ricostruito al posto di un preesistente ponte a schiena d’asino, come dimostrano le pile massicce ancora visibili.

Bruscheto Ponte detto di Annibale
Bruscheto Ponte detto di Annibale

Ormai sulla riva sinistra dell’Arno si aprivano le fertili campagne del Chianti aretino che Annibale devastò e depredò sotto gli occhi del console Caio Flaminio accampato nei pressi di Arezzo. 

Evitando la città i cartaginesi compirono un largo giro che li condusse nella Valdichiana, fino alle colline di Cortona sempre inseguiti dai Romani. Rievoca Livio: “Hannibal quod agri est inter Cortonam urbem Trasumennumque lacum omni clade belli peruastat, quo magis iram hosti ad uindicandas sociorum iniurias acuat; et iam peruenerant ad loca nata insidiis, ubi maxime montes Cortonenses in Trasumennum sidunt.” (Ab Urbe condita, XXII, 4). Era la vigilia della battaglia del Trasimeno. L’irruenza del console Flaminio condusse le legioni romane nella trappola che Annibale aveva preparato nella stretta piana fra le colline cortonesi e il lago: era il 21 giugno del 217 a.C..

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7 pensieri su “Annibale in Toscana fra storia e leggenda

  1. il valico di Montepiano, 700 slm, non è da prendere in considerazione? Da Casalecchio su per la valle del Reno, poi val di Setta, Montepiano, Fiumenta e giù per la val Bisenzio fino alla piana di Prato …

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    1. Grazie per il suo intervento. In effetti anche i valico di Montepiano potrebbe rientrare, per le sue caratteristiche geografiche, fra i possibili passaggi utilizzati da Annibale, ma occorre puntualizzare che:
      – Tito Livio afferma che i Cartaginesi si fermarono a Fiesole e per raggiungere tale località e proseguire verso la Valdichiana è più probabile che abbiano scelto un percorso più a est di Montepiano.
      – Molti toponimi di località presenti nell’itinerario che abbiamo suggerito ricordano il passaggio del condottiero punico.

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      1. Il passaggio da porretta e poi dalla collina potrebbe essere! È il punto più basso è più percorribile, di contro proprio sulla collina si ha spesso un clima estremo d’inverno.

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      2. Correggo la precedente risposta:
        da topografo antichista oltre che archeologo devo dire che non si possono fare ipotesi di itinerari se non si conosce a fondo il territorio di cui si parla. Inoltre le fonti letterarie vanno sapute leggere bene e non cercare in esse la conferma di quello che si pensa.
        L’itinerario ipotetico di Annibale, il più probabile, è quello che si trova descritto negli atti dell’VIII congresso nazionale di archeologia tenuto a Pistoia nel 1917 dove, analizzando il testo di Tito Livio, è stato accertato che il luogo che ” l’Arno in quel tempo” era solito allagare si trova nei pressi della strettoia della Golfolina, dove il letto dell’’Arno è più stretto e dove si ha la confluenza di ben tre fiumi: Ombrone pistoiese, Bisenzio e Marina con i loro numerosi affluenti. L’tinerario più logico per andare da Modena a Tuoro è quella che, risalendo lungo la valle del Panaro detto in età romana Scoltenna, nome rimasto alla sua sorgente, valicava l’Appennino al passo dello Strofinatoio al Corno alle Scale scendendo su Pistoia e portandosi in breve tratto a Signa (preso la Golfolina) costeggiando la fascia pedemontana del Montalbano che stringe l’alveo dell’Arno proprio alla Golfolina dove è più facile guadare vista la ristrettezza dell’alveo. Una volta sulla riva sinistra dell’Arno costeggiando la fascia pedemontata delle coilline di Roveta risalendo il fiumi si arriva in poco tempo ad Arezzo e da lì a Tuoro.
        Questo itinerario è documentato archeologicamente da resti di lastricato di età romana con monete romane e tombe a cassetta sia liguri che romane attribuite fra il III ed il II sec. a. C. da numerosi toponimi preindoeuropei ed etruschi-

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    2. da topografo antichisdta oltre che archeologo devo dire che non si possono fare ipotesi di itinerari se non si conosce a fondo il territorio di cui si parla. Inoltre le fonti letterarie vanno sapute leggere bene e non cercare in esse la conferma di quello che si pensa.
      L’itinerario ipotetico di Annibale, il più probabile, è quello che si trova adescritto negli atti dell’VIII congresso nazionale di archeologiatenuto a Pistoia nel 1917 dove si, analizzando il testo di Tito Livio, è stato accertato che il luogo che ” l’Arno in quel tempo” era solito allagare si trova nei presso la strettoia della Golfolina, dove l’Arno è più stretto e dove si ha la confluenza di ben tre fiumi: Ombrone pistoiese, Bisenzio e Marina con i loro numerosi affluenti r vhr la strada più logica per andare da Modena a Tuoro è quella che, risalendo lungo la valle del Panaro detto in età romana Scoltenna, nome rimasto alla sua sorgente, vslicava l’Appennino dello Strofinatoio al Corno alle scale scendendo su Pistoia e portandosi in breve tratto a Signa (preso la Golfolina) costeggiando la fascia pedemontana del Montalbano che stringe l’alveo dell’Arno proprio alla Golfolina dove è più facile guadare vista la ristrettezza dell’alveo. Uno volta sulla riva sinistra dell’Arno costeggiando la fascia pedemontata derlle coilline di Roveta risalendo il fiumi si arriva in poco tempo ad Arezzo e da lì a Tuor.

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