di Salvina Pizzuoli

Quasi ci si passa accanto senza notarla eppure il grande portico non è senza pregio e meriterebbe di soffermarsi.
Ma dove siamo di preciso?
Siamo in via de’ Guicciardini una dirittura che porta a Ponte Vecchio da una parte e a Palazzo Pitti dall’altra. La piazzetta omonima che ospita la chiesa è sottolineata da una colonna di granito datata XIV secolo. Sullo sfondo della piazzetta la chiesa con il suo bel portico vasariano e, se si solleva il naso all’insù, con il più famoso Corridoio che lo sovrasta.
La bella chiesa che come uno scrigno contiene molte e notevoli opere d’arte per non parlare degli impareggiabili affreschi del Pontormo, si situa tra il Ponte Vecchio simbolo della città e Palazzo Pitti con il meraviglioso Giardino di Boboli, affonda le sue origini nel lontano periodo paleocristiano e, come sottolinea il Lopes*, è una tra le più antiche della città, se non la più antica:
Della basilica paleocristiana di S. Felicita si ha notizia dal X secolo. Gli scavi eseguiti nel 1948 hanno permesso di stabilire che l’edificio originario, di forma rettangolare e coprente un’area assai vasta, aveva lo stesso orientamento della chiesa attuale […] Il pavimento era interamente costituito dalle lapidi marmoree delle sottostanti tombe […] prive di corredo funebre. Un importante indizio relativo all’epoca di costruzione di questa chiesa è costituito da una iscrizione funeraria recante la data l° luglio 405 […] molte delle iscrizioni provenienti dalla zona della basilica stessa sono in lingua greca – comunemente usata in questo periodo anche per i non greci – ma alcune di esse recano nomi e toponimi sicuramente siriaci. Ciò fa pensare che anche a Firenze potesse esservi una colonia siriaca […]dove presero dimora in località periferica, allo scopo di poter praticare senza dar troppo nell’occhio i riti liturgici della religione cristiana.

Una colonna in granito occupa in parte l’accesso alla piazzetta e, se non si va di fretta, un cartello bilingue, sistemato nel muro d’angolo a destra (guardando la facciata della chiesa) ne illustra la storia. Lì dal 1381 era sormontata da una statua raffigurante San Pietro Martire in memoria della vittoria della Sacra milizia sui Patarini istituita dallo stesso predicatore domenicano e strenuo avversario delle eresie. Una storia che non finirebbe qui, ma dedichiamoci alla visita e soprattutto alle opere del Pontormo presenti all’interno dell’edificio religioso.
Rimaneggiata nel tempo fu completamente ristrutturata nel 1736 da Ferdinando Ruggieri, valente architetto e incisore fiorentino realizzatore di architetture in barocco toscano, vicino ad espressioni tardo cinquecentesche.
Sotto l’alto portico alcune pietre tombali.
All’interno un’unica navata cui fanno ala alte e scanalate lesene tra le quali si aprono le cappelle. Una curiosità: percorrendo la navata centrale verso l’uscita, levando lo sguardo in alto vediamo una “finestra” che si apre dal Corridoio vasariano verso l’interno della chiesa da dove era possibile assistere alle funzioni da parte dei granduchi.




Subito sulla destra la Cappella Capponi.
È qui che ammiriamo una famosa pala del Pontormo e alcuni affreschi: la Deposizione e sulla parete accanto l’Annunciazione, di quel grande che fu Jacopo Carrucci (o Carucci, 1494-1557) conosciuto come Jacopo da Pontormo la località in cui era nato, Pontorme, (da ponte sull’Orme, tributario dell’Arno) nei pressi di Empoli.
Pittore innovativo il Pontormo affascina il visitatore, anche se digiuno di tecniche e precise conoscenze di Storia dell’Arte. Colpiscono i colori, le posizioni e la composizione dei diversi personaggi, la scena di dolore che si legge nei gesti e sui volti delle varie figure che affollano lo spazio. Si coglie subito la sofferenza della Madre che nel volto e nell’apertura delle braccia mostra tutta la sua disperazione come nel coro di donne che circonda e soccorre Maria. C’è sgomento e pianto negli occhi spalancati per il grande dolore nel giovane che accucciato in basso a destra sorregge il corpo del Cristo. Ancora più evidente se la scena del dolore viene contrapposta a quella di serena pacatezza che caratterizza le due figure dell’Angelo e di Maria nell’affresco dell’Annunciazione che l’affianca: i colori arancio e i gesti in cui sono fissati nel tempo, il primo senza alcuna collocazione in uno spazio preciso, ma quasi sollevato oltre il terreno, portatore di luce e calore che abbraccia e scalda, mentre Maria di arancio vestita si sofferma quasi incredula e si volge a lui con il volto ridente e quieto come in attesa.







In alto quattro tondi affrescati, uno per ciascun pennacchio della cupola, i quattro evangelisti, due opera del Pontormo (San Luca e Giovanni) e due del Bronzino suo allievo (San Marco e San Matteo, altri studiosi gli attribuiscono solo San Marco)
E non sarebbe finita qui: oltre ad altre illustri pale che ornano i diversi altari lungo la navata, da non perdere la Sacrestia del Brunelleschi e la trecentesca sala del Capitolo (che meritano un articolo a parte).
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* Mario Lopes Pegna “Le più antiche chiese fiorentine” Firenze 1977
Una meraviglia!!
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Sì, una vera meraviglia carissima Pina, anche a rivederle più e più volte incantano sempre, i colori del Pontormo sono incantatori…
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