
Addio, Versilia mia, ligure nido
Potrebbe in un primo momento non essere chiaro al lettore il nesso tra la presenza di miniere e la casa natale di Carducci in località Valdicastello, ma c’è e sarà presto svelato…
Siamo a pochi chilometri da Pietrasanta, lungo la valle del torrente Boccatoio il cui bacino raccoglie le acque dei fossi che discendono dai monti circostanti, Gabberi e Lieto, e che sfocia dopo un corso di circa 10 chilometri tra Marina di Pietrasanta e il Lido di Camaiore, nella località di Motrone famosa per il suo antico porto. Il torrente, che scorre costeggiando Valdicastello Carducci, non è un torrente qualsiasi ma assomma una lunga storia legata, a seconda delle epoche, allo sviluppo economico del territorio: se nel passato erano i mulini e i frantoi a utilizzare la forza delle sue acque, il colore del fondale del suo letto lo lega all’attività mineraria, che ha caratterizzato la sua storia soprattutto dal XIX secolo, oggi dismessa. Le ricerche storiche affermano la probabilità che già ai tempi degli Etruschi fossero conosciute le ricchezze minerarie del sottosuolo, sfruttate poi in varie epoche successive e contese: le Argentiere di Gallena e Farnocchia, ma anche quella che ad un chilometro da Valdicastello Carducci ha funzionato fino al secolo scorso, meritando a questa valle l’antico nome di Valle Buona poi divenuta Valdicastello.


Fu proprio nel secolo XIX che l’attività mineraria prese nuovo impulso, dopo una chiusura durata quasi due secoli dalla fine del XVI, ad opera di imprenditori stranieri per l’estrazione di piombo argentifero, ma anche pirite e barite. Ed è proprio a questa rinascita mineraria, attivata a più riprese, che si deve l’assunzione, come medico chirurgo, di Michele Carducci, come scrisse lo stesso poeta ricordando quei primi anni:
“Nel breve tempo in cui mio padre fu medico-chirurgo di una società francese che aveva preso sopra di sé i lavori delle miniere di piombo argentifero in Valdicastello di Versilia, io nacqui in questo borghetto poco lontano da Pietrasanta addì 27 di Luglio 1835 (l’anno che il colera invase l’Italia), giorno di martedì, alle ore 11 della sera; primo figlio del dottor Michele Carducci pietrasantino e della Ildegonda Celli cittadina fiorentina; e il giorno dopo fui battezzato nella chiesa di Valdicastello col nome di Giosuè Alessandro Giuseppe, Giuseppe nome dell’avo paterno già morto, Alessandro del padre di mia madre, Giosuè di un amico di mio padre da questo riveduto appunto allora ch’i’ era per nascere.[…] Qualche mese dopo nato io, la gallica società metallurgica stabilita come tutte le cose francesi su base inferma, cominciò a pericolare, e rovinò. Mio padre allora, credo fosse il 1836, passò a Seravezza dove, invase allora dal colera Livorno e Pisa, si aveva sospetto. Ed ivi in Seravezza fui raggiunto quand’aveo 19 mesi da un altro fratello che fu chiamato Dante” (Da Giosuè Carducci Prose a cura di Mario Saccenti UTET)

La casa natale di Carducci a Valdicastello, toponimo a cui è stato aggiunto il cognome del poeta, è diventata un piccolo museo. Modesta, lungo le gialle acque del torrente Boccatoio, con un giardinetto in cui è stata collocato un busto marmoreo del poeta e varie lastre di marmo che ricordano i suoi riconoscimenti. Il viaggiatore che vi si reca quasi in pellegrinaggio non resti deluso, la casa è lì e custodirà la memoria del vincitore del nobel che vi nacque in circostanze legate, come si è visto, alla storia del territorio. Vi restò un breve scorcio di tempo, troppo breve perché restasse nella sua memoria di fanciullo ma che si conservò invece per Stazzema e per Pietrasanta e la Versilia, luoghi del cuore e della memoria che troviamo in molti dei suoi versi.
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