
Su uno sperone tra la valle del Sovara e la val Tiberina Anghiari è un borgo munito che conserva una struttura medievale e bei palazzi rinascimentali. Al borgo vecchio si arriva percorrendo una lunga strada rettilinea e in discesa fino a piazza Baldaccio, capitano di ventura detto appunto d’Anghiari. Le mura che oggi circondano il borgo vecchio furono adeguate tra il XV e il XVI secolo alle nuove esigenze difensive legate alla scoperta della polvere da sparo, si presentano pertanto abbassate e ispessite. L’accesso avveniva da tre porte delle quali due, San Martino e Porta Nuova, erano protette da un fossato e da un ponte levatoio. Porta Nuova o Porta di Sotto, con un rimasuglio di stemma mediceo in sommo d’arco fu l’ultima ad essere costruita, risale infatti al 1460.


La terza è Porta Sant’Angelo a struttura ogivale che immette nella via delle Mura di Sotto con vista sulla val Tiberina e in origine porta di accesso al borgo.
Entriamo da Porta San Martino, del 1204 completata con il secondo giro di mura, detta anche del Catorcio, il chiavistello di cui racconta in ottava rima nel suo poema eroicomico “Il catorcio d’Anghiari” del 1689 il prevosto Federico di Nomi, rubato dagli abitanti di San Sepolcro nel lontano 1450 durante le celebrazioni in onore dei santi Pietro e Paolo. Dalla piazza Baldaccio, dopo un breve tratto di strada sopraelevata, oltrepassiamo l’antica Porta che era in origine al di là di un fossato attraversato da un ponte levatoio ed era chiamata anche Porta del Fosso.







Strette strade e scalinate con antiche costruzioni in pietra accompagnano il visitatore offrendogli scorci pittoreschi tra slarghi, piazzette arcate e vicoli fino alla torre dell’Orologio detta Campano iniziata nel 1234: il nome le deriva dalla presenza di una campana proveniente dal castello di Montauto come ricorda l’iscrizione che reca incisa.

Tre le piazze principali: oltre piazza Baldaccio detta anche del Mercatale, Piazza del Popolo con il Palazzo Pretorio del XIV secolo, rimaneggiato, e Piazza Mameli, l’antica piazza del Borghetto, che accoglie il rinascimentale Palazzo Taglieschi, una delle facoltose famiglie del tempo, oggi sede del Museo Statale delle Arti e delle Tradizioni popolari dell’Alta Val Tiberina.



La facciata, mossa e articolata, è il risultato dell’unione di diverse case-torri a impianto medievale riconoscibile dalla presenza di mensole a sporto. Il rifacimento, in stile rinascimentale, fu commissionato probabilmente da Matteo di Antonio di Bartolomeo Taglieschi, più noto come Matteo Cane, un capitano di ventura. Un grande affresco raffigurante La Vergine ed il Bambino ne orna l’ingresso.

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