Dal basso, lungo la valle del Crevole, tributario dell’Ombrone senese, tra il verde della macchia spiccano i resti di un’alta torre e di un poderoso muro su cui si aprono spettrali fori di antiche finestre.

È la rocca che dal torrente prende il nome e che lo sovrasta.

Il luogo esercita un fascino particolare per la felice collocazione geografica così com’è sul cocuzzolo della collina dove la sua sagoma si confonde tra i verdi della rigogliosa vegetazione. Doveva invece far paura ai tempi per le sue imponenti fortificazioni, volute dai vescovi di Siena tanto da essere un baluardo con i suoi vari ordini di mura, resa tale nel 1325 dal vescovo Donosdeo Malavolti. Il vescovo che aveva voluto la fortificazione della rocca era poi morto in battaglia per difendere i territori dal potere dei Piccolomini.
Se la storia ci tramanda di assalti, devastazioni e occupazioni, da parte dei ghibellini nel 1380 e degli spagnoli e dei francesi nella seconda metà del XVI secolo, quest’ultimi avvenimenti legati alla caduta della Repubblica di Siena, la leggenda racconta del fantasma di Donosdeo: durante il saccheggio della sua amata rocca nel 1554 da parte dei soldati spagnoli comparve vestito con i paramenti sacri armato di un crocifisso.



La storia ci dice che da quel momento in poi la fortificazione non si riprese più e insieme a lei anche il villaggio che era cresciuto alla sua ombra difensiva: nel periodo fiorente della rocca si era sviluppato infatti anche un villaggio con una pieve, documentata sin dal 1189, la pieve di Santa Cecilia. Oggi completamente trasformata e adattata ad abitazione.

Oggi cintata con un’inferriata bassa, è una proprietà privata, ma scendendo dalla rocca, si impone all’attenzione del visitatore con tutta la sua semplicità: la facciata con l’archetto e la torretta campanaria a bifora. Che occupasse comunque una posizione prestigiosa è indubbio per le diverse opere d’arte che la corredavano. A partire da una Madonna col Bambino, attribuita all’opera giovanile di Duccio da Boninsegna, il “Maestro di Crevole” e oggi conservata presso il Museo dell’Opera del Duomo, o il trittico di Piero Lorenzetti “Santa Cecilia, San Bartolomeo, San Giovanni Battista” conservata dall’Ottocento presso la Pinacoteca Nazionale di Siena.

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