Siamo a Pievescola un piccolo centro in val d’Elsa.

La pieve, da cui prende il nome, è detta Pieve Ascola, ad Scholam, a Scola e, come scrive il Repetti, potrebbe derivare il suo toponimo dalla presenza di una scuola di lettere o di canto fermo, la melodia liturgica cantata nel coro polifonico dal tenor che teneva le note a lungo, come era in uso ai tempi della presenza longobarda.

Risiede sulla ripa destra dell’ Elsa Morta alla base occidentale della Montagnola di Siena, poco lungi dall’incolta pendice di un monte che forse dalla sterilità del terreno porta il vocabolo delle Gabbra (Repetti Dizionario)

La sua fondazione avvenuta intorno all’anno Mille viene invece legata con piena convinzione storica, anche dallo stesso Repetti, a quella contessa Ava dei Lambardi, signora di Staggia e fondatrice di un monastero prestigioso come fu quella detto a Isola.

Non mi affido ad una semplice tradizione invalsa nel volgo, che questa chiesa battesimale sia opera della contessa Ava di Montemaggio, la quale donna, vissuta nel principio del secolo XI, fu per i Sanesi ciò che divenne un secolo dopo per tutta la Toscana la contessa Matilda, entrambe fondatrici generose di monasteri, di chiese e di altri luoghi pii (Repetti Dizionario).

Ma chi era la contessa Ava?

Molti la considerano una figura mitologica, spesso confusa o sovrapposta a quella della stessa Matilde. Così scrive Annalisa Coppolaro nel suo interessante lavoro*:

Una donna straordinaria quindi che è rimasta nell’immaginario tanto da essere e ricordata in varie storie e aneddoti raccolti da Roberta Burroni nel suo lungo lavoro di ricerca intitolato “La contessa di Montemaggio”.

La bella pieve si eleva su di un piccolo rilievo, più in alto rispetto al piano stradale, tanto che vi si accede salendo alcuni scalini. E lì, con il naso all’insù, l’ammiriamo con il suo alto campanile a vela, la sua trifora marmorea e la semplice facciata da cui si evince l’impianto basilicale a tre navate. La struttura attuale viene datata seconda metà del XII secolo. È tutta in pietra arenaria squadrata.

All’interno le tre navate sono divise da quattro arcate sorrette da colonne cruciformi, cinque per parte, e conclusa con tre absidi, una struttura che ricorda quella della chiesa di Badia a Isola (Monteriggioni) che sorgeva lungo la variante collinare della via Francigena.

Che la pieve fosse poi stata protetta con mura, dimostra quanto essa fosse importante. All’interno si conserva un bel tabernacolo, entrando a sinistra, datato XIV secolo, e proveniente dalla chiesa di San Giovanni Battista a Pietralata, con lo stemma dei Ghigi, una delle ricche famiglie di banchieri senesi.

*Annalisa Coppolaro “Chiese, pievi e segreti sulle colline di Siena”

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