
Il sito su cui sorge la pieve di Sant’Antonino a Socana annovera negli edifici che vi sono stati rinvenuti millenni di storia: dall’età etrusca a quella romana e quindi medievale.
La pieve si presenta come una delle molte disseminate lungo vie principali o vicinali dalle caratteristiche strutture romaniche, datata infatti tra l’ XI e il XII secolo. Sorge sui resti, oggi visibili sulla parte absidale, di un tempio etrusco di età tardo arcaica di cui sono stati riportati alla luce un’ara sacrificale modanata, con un profilo a elementi rettilinei e curvilinei, e vari scalini che salivano al podio, il piedistallo su cui si elevavano i templi, caratteristico dell’architettura etrusco-italica.

Il tempio sorgeva in posizione strategica alla confluenza di alcuni corsi d’acqua (Soliggine-Rassina) con il fiume Arno lungo uno asse viario importante che avrebbe mantenuto in età romana e medievale: uno in direzione della via Ariminensis che collegava Rimini ad Arezzo attraverso il valico di Viamaggio, da via maior , allacciandosi alla via consolare Cassia vetus su cui si innesterà uno dei rami della via Francigena e un altro lungo la direttrice Ravenna, Bagno di Romagna, Passo Serra, Arezzo. Sui due percorsi si convogliavano i pellegrini che dal nord est dell’Europa scendevano verso Roma.

I lavori di restauro della chiesa attuati tra il 1969 e il 1973 hanno messo in evidenza una gradinata in arenaria, di accesso al santuario, con almeno 12 gradini e varie antefisse, gli elementi decorativi dei tetti, fittili a testa di Menade, le danzatrici in estasi, le più antiche datate tra il 460 e il 440 a. C. e a testa di Minerva, successive del II secolo a.C. e oggi conservate al Museo Archeologico di Arezzo insieme a grandi dischi di fine arenaria, detta localmente pietra fetida, ritrovati all’interno del recinto sacro del tempio.

Sull’antico tempio etrusco, incorporato successivamente in costruzioni alto medievali, fu poi edificata la chiesa che è giunta fino a noi con le attuali strutture frutto di molti rifacimenti. Alla sinistra della facciata, staccato dalla struttura principale, un campanile dalla base circolare sormontato da una esagonale, forse un’antica torre d’avvistamento. All’interno la pieve si presenta oggi con metà della sua lunghezza originaria, determinata dall’arretramento della facciata che la rende infatti come compressa nella parte anteriore che poi si apre nella sola grande abside.


Conserva i segni dei rimaneggiamenti e precedenti strutture murarie: su due pilastri opposti l’uno all’altro si ripete uno stemma consunto e indecifrabile; due basi di colonne cilindriche compaiono nella navata destra e due dei pilastri della terza arcata, oggi inesistente perché abbattuta e di cui non è stato ancora possibile ricostruire il motivo, sono incorporati nel muro esterno della facciata: un terremoto, un incendio?
Nella piazzetta su cui si apre con il piccolo portale resta una presenza importante e carica di storia ancora da scrivere.


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