di Gianfranco Bracci

Disegno di Giovanni Caselli

L’uomo baciò la zia, dopo aver chinato la testa in segno di deferenza e affetto.

Poi passò sotto il grande arco di Velathri (Volterra) mentre stava albeggiando.

Dei sandali e un tascapane con le uova, un po’ di formaggio stagionato, una pagnotta di farro e una borraccia piena d’acqua, ricavata dalla pelle di una capra, erano tutti i suoi averi. E i soli amici che avrebbe portato con sé erano le statuette bronzee dei propri avi, a cui si sarebbe rivolto ogni sera e ogni mattino affinché proteggessero il suo cammino.

Per un momento inspirò l’aria frizzante a pieni polmoni per poi iniziare la lunga discesa che conduceva in direzione di Clusium e Perusia, due delle città più potenti della nazione Rasna. Poi, giunto alla borgata di Murule, avrebbe preso per Volsinii e il suo grande lago. Mentre

pensava alla lunga distanza che lo divideva dal suo scopo, vide arrivargli incontro un gregge di pecore seguite da un pastore e il suo bel cane bianco. I due si salutarono, com’era uso fra i viaggiatori tirreni. Si scambiarono informazioni sulla via da seguire e commentarono il tempo

meteorologico che il grande Tinia stava imponendo dall’alto dei cieli. Man mano che scendeva lungo la sterrata, il sole si alzava nella volta celeste, illuminando le dolci colline, spoglie di alberi ma ricche di praterie; ottimi pascoli per gli armenti delle genti del posto.

Lungo strada incontrò altri pellegrini e commercianti. Lo ospitarono amici degli amici e anche sconosciuti abituati a dar conforto a chi andava nei luoghi benedetti del lago. In cambio offrì il proprio aiuto per piccoli lavori domestici. Salendo le pendici di una montagnola dai boschi silenti, fece sosta presso degli schiavi-operai e degli artisti che stavano lavorando al grande tumulo ipogeo della famiglia nobile dei Meclinal. Il vecchio guerriero, capostipite dell’antica genia di Velathri, era famoso per aver conosciuto il re di Veio e aver combattuto i Ruma nelle file del suo esercito, chiamato Veiense dallo stesso re, in virtù del suo valore.

Un gruppo di operai stava zappettando il bordo di una collina rotondeggiante. Sarebbe diventato il timpano di un grande tumulo naturale che avrebbe ospitato le spoglie mortali del nobile guerriero Tulumnes Meclinal, ormai in tarda età, e dei suoi familiari. (testo di Gianfranco Bracci)

In questo breve brano tratto dal mio romanzo “I misteri del tempio dimenticato”, Appenninoslow, 2020  (vedi foto di copertina), uno dei protagonisti percorre una Via Sacra che conduceva da Volterra (l’etrusca Velathri) al famoso Fanum Voltumnae, il luogo dove si riunivano i lucumoni della dodecapoli etrusca. Adesso questa strada di duemilacinquecento anni fa…ovviamente non esiste più e forse, anche allora, più che una strada poteva consistere una serie di diverticoli provenienti da alcune delle 12 città etrusche più potenti.

logo Cammino Etruria

Per far rivivere questo percorso a tutti coloro che amano camminare lentamente per più giorni, l’archeologo Diego Vichi ed io, abbiamo studiato e progettato il “ Cammino d’Etruria ”, un percorso di turismo lento percorribile a piedi ed in mountain bike lungo 220 chilometri che unisce le città di Volterra e Chiusi, attraversando il territori di ben 15 comuni, tutti di chiara origine etrusca. Il Capofila della “cordata” è il comune di Chianciano Terme che ha creduto fin da subito in questo ambizioso progetto. Lo abbiamo studiato in modo che collegasse queste antiche città  ed i loro preziosi musei, necropoli e toponimi di chiara origine etrusca che si trovano lungo questa direttrice millenaria. Camminando lungo sentieri e strade bianche di mezza Toscana, chi cammina o pedala, scoprirà le dolci colline che furono la culla dei nostri antenati, la cui civiltà piena di armonia ci è arrivata dai nostri nonni e padri.

Articolo correlato:

Il Cammino d’Etruria Centro da Volterra a Chiusi


Il romanzo:

Gianfranco Bracci “I misteri del tempio dimenticato”

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