Dalle fonti antiche e secondo l’osservazione dell’antropologo

Con particolare riguardo al paesaggio toscano

di Giovanni Caselli

Rosa di Damasco o bifera

Per quanto riguarda i fiori del giardino vi erano diverse varietà di rose, come la famosa rosa di Damasco (Rosa bifera), altre varietà venivano dal Caucaso e dalla Persia. Erano famosi i giardini di rose di Paestum. Il giglio bianco (Lilium) venne dall’Asia occidentale in Grecia e poi in Italia. Nei giardini etruschi e romani vi erano narcisi e giunchiglie, la verbena e l’acanto. Vi erano anche l’assenzio, il piretro, la mandragora e l’elleboro velenoso, oltre alla cicuta.

assenzio

Camminando per le stradelle sterrate della Toscana non mancheremo di riscontrare presso i fossi e i margini della via, queste erbe e alberi, che se oggi servono solo da ornamento, essi formavano un tempo parte integrante della cultura e dell’economia di ogni giorno. I pioppi e gli ontani crescono ancora lungo i torrenti, i salici lungo fossi e canali, i cipressi fiancheggiano stradelle ormai dimenticate, l’acero campestre cresce incontrollato qua e là, spesso assalito da una vecchia e stenta vite, mentre l’assenzio (Artemisia) cresce quasi esclusivamente nei pressi di insediamenti molto antichi, così accade per lo ‘spinacio medievale’ (Chenopodium bonus-Henricus), poiché cibo preferito dall’Imperatore  Enrico II, che infesta i campi laddove da sempre vi sono campi. Cicerchie, vecce, lupini e piselli inselvatichiti, decorano i margini di enormi campi di foraggio o di girasoli, in regola coi dettami EU.

vite “maritata”

In anni relativamente recenti, forse dal secolo XVIII, si diffuse nel Casentino e nel Mugello la coltivazione della vite “maritata” all’acero campestre, potato in forma di candelabro. Non vi erano vigneti come nel medioevo o come oggi, ma solo viti singole distribuite più o meno fittamente in campi seminati a grano o foraggio, “sposate” all’acero. Questo sistema di crescere la vite ha una storia affascinante quanto curiosa. Il primo esempio di vite maritata ad un albero vivo lo si trova nel bassorilievi di Ninive nel British Museum, ma non è tutto. Seconda la tradizione greca classica Dioniso giunge in Occidente dall’India cavalcando una tigre e portando con sé un pampino di vite, la prima vite vinifera che poi si sarebbe diffusa in tutto il Mediterraneo.

Questa “India”, terra di origine di Dioniso, è oggi l’area che comprende l’Uzbekistan, il Tajikistan, l’Afghanistan e il nord del Pakistan, detta Piccola India fino al Medioevo. Qui si trova infatti la più grande varietà di vite vinifera di ogni altro paese, qui viti vecchie di oltre 100 anni si trovano “maritate” ad altissimi Populus nigra mesopotamica e ad altri tipi di alberi. Come si vede in una stupenda foto del 1908 che mostra l’esploratore italiano Filippo De Filippi accanto a una vetusta vite di questi tipo. Ciò prova ancora una volta che la leggenda ha sempre un fondo di verità.

pioppo

Gli aceri campestri crescono fuori controllo, e non servono più per sostenere una vite, mentre L’assenzio (Arthemisia absinthum) cresce esclusivamente su siti antichi e medievali in quanto non si diffonde da dove è stato piantato una volta. Lo stesso si può dire dello spinacio di Good – King – Henry (Choenpodium bonus Henricus), non è più considerato come la delicatezza dei banchetti reali. La veccia selvatica, lupini e piselli crescono spontaneamente sul ciglio della strada, non vengono più ricercati  da bocche affamate.

Il paesaggio dell’antica Toscana non era molto diverso da quello mostrato dalle prime fotografie, ma in epoca etrusca, come nel medioevo, le valli alluvionali non erano ampiamente coltivate. Gli Etruschi coltivavano più intensamente le colline che le pianure. In sostanza, solo i cereali si coltivavano nelle valli, soggette ad alluvioni, mentre le colline erano terrazzate e finemente lavorate in ogni angolo. I latifundi tardo romani, si trovavano in gran parte su dolci pendii e pianure. Curiosamente, l’area industriale del Casentino dei Pianacci, tra Bibbiena e Partina, scelta da un moderno istinto pratico, piuttosto che da una pianificazione razionale fu scelta anche dai romani.

A cosa servono tali conoscenze oggi? Un’antica tradizione, diffusa in tutte le culture, implica che le cose esistono in virtù del fatto che sono nominate. Le cose, animali, vegetali e minerali esistono perché hanno un nome. Tutto ciò che ha un nome ed è conosciuto appartiene a noi in virtù del fatto che possiamo nomionarlo quindi immagazzinarlo nel cervello. Nominare una cosa significa possederla, afferrarla con la testa. Oggi poche persone possono nominare un gran numero di animali vegetali e minerali, questo è uno dei motivi per cui siamo oggi più poveri dei nostri antenati. Fortuna che non siamo sempre consapevoli di questa perdita di conoscenza! Possiamo essere ricchi proprietari di molte altre cose, ma siamo senza dubbio molto, molto più poveri come possessori del nostro ambiente naturale, come ce lo hanno consegnato i nostri antenati, quindi noi e il pianeta, soffriamo le conseguenze di questo collasso culturale.

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La genesi del paesaggio classico (quarta parte)