Dalle fonti antiche e secondo l’osservazione dell’antropologo

Con particolare riguardo al paesaggio toscano

di Giovanni Caselli

La “lisca”, il celebre osso di balena preistorica rinvenuto nei pressi di Firenze (Foto di Enio Bravi)

Dei periodi geologici che si sono succeduti durante i 4 miliardi e mezzo di anni che sono trascorsi dalle origini del nostro pianeta, quelle che ci interessano più da vicino sono solo gli ultimi tre, quelli succedutisi durante gli ultimi 7 milioni di anni circa, le cui testimonianze sono percepibili quando facciamo un’escursione in campagna.

Dopo il Carbonifero Permiano si è verificato un abbassamento della parte tirrenica era ancora coperta dalle acque, causando così un accumulo, in questo avvallamento, di numerosi strati di detriti spessi fino a 3 km parte dei quali vediamo in tutto l’Appennino.

La penisola italiana nel Pleistocene

Verso la fine dell’era Cenozoica, l’era nostra, in un’epoca detta dai geologi Miocene, si è verificato un brusco sollevamento dovuto alla spinta dell’Africa che ha innalzato al di sopra del livello del mare questi sedimenti dando origine alle Alpi e agli Appennini.

Durante il periodo detto Pliocene, la spinta del continente africano dà luogo ad una serie di pieghe negli strati geologici (come quelle che forma un tovaglia se spinta sul tavolo da un lato) che formano bacini interni al sistema appenninico e paralleli a questo, che trattengono le acque formando una serie di laghi rimasti tali fino quasi all’ultima Età Glaciale.

Ritrovammenti fossili in Val di Chiana

Si tratta delle più recenti vicende nella storia della Terra, note con i nomi scientifici di Miocene, Pliocene e Pleistocene, durante le quali i continenti assumono le forme a noi note.

Durante il Pleistocene, circa 800.000 anni fa, quando in Europa erano già arrivati dall’Africa i nostri antenati del genere Homo antecessor si verificano, per motivi ancora ignoti, le glaciazioni, periodi alterni in cui i ghiacci dei poli si estendono fino a coprire vaste aree continentali e poi si ritirano. Queste oscillazioni hanno ripercussioni notevoli sul livello dei mari che si innalzano e si abbassano con lo sciogliersi e il formarsi dei ghiacciai.

Ricostruzione di ambiente palustre del Valdarno in epoca preistorica

Man mano che gli Appennini si sollevano i fiumi e i torrenti del Casentino, come del resto accade altrove, modellano i depositi lacustri in una serie di colline che dalle propaggini dell’Appennino si spingono fino al corso dell’Arno. Le glaciazioni che si susseguono contribuiscono anch’esse a modellare i depositi lacustri dando al territorio le forme che oggi vediamo. Su queste colline ad andamento rettilineo e di altezza costante, si trovano numerosi manufatti di selce lasciati da almeno tre specie umane: L’Homo heidelbergensis, l’Homo Neanderthalensis e l’Homo sapiens.

Ricostruzione di un ambiente del Valdarno

Circa 800.000 anni fa, il Casentino era un lago, come lo erano del resto tutte le valli longitudinali interne ad ovest dell’Appennino, quali la Garfagnana, la Pianura Fiorentina, il Mugello, la Val Tiberina e la Val di Chiana.

La flora era lussureggiante fino a quando il clima subì un raffreddamento alla fine del periodo; nelle foreste e nelle radure vivevano grandi mammiferi come il mammut meridionale, il Tapiro – estinto due milioni e mezzo di anni fa – il rinoceronte etrusco – estinto 700.000 anni fa -. C’erano poi vari tipi di equidi fra i quali una zebra, quindi antilopi, un grosso cinghiale, una formidabile iena, una tigre dai denti a sciabola, il cervo gigante e molti altri componenti tipici della fauna definita Villafranchiana (da 3 milioni ad 800.000 anni fa).

Mammut borson

Nella parte terminale di questo periodo si trovavano nel Valdarno i mastodonti di Borson e dell’Alvernia ed anche, poco più tardi, cavallo, bue selvatico, cervo attuale e mammut lanoso.  In Val di Chiana era comune anche un grosso ippopotamo.

La foresta era composta di alberi ed arbusti ancora esistenti, quali il Peccio, l’Abete, il Ginepro, il Tasso, la Querce il Castagno, il Faggio, l’Olmo, l’Ontano, il Carpino, il Nocciolo, il Tiglio, il Pioppo, il Frassino, l’Acero, la Betulla, il Pino silvestre, il Larice. Nei periodi più caldi si estendevano l’Alloro, il Bosso, l’Agrifoglio e l’Edera. Nel Valdarno si sono rinvenuti fossili di Sequoia, di Lidodendron, di Liquidambar, piante scomparse dal nostro paese e reintrodotte di recente.

Una querce secolare

In questo ambiente giunsero dall’Africa, attraverso lo Stretto di Gibilterra e dal Medio Oriente, i primi uomini che in Spagna hanno lasciato tracce fino da 1.300.000 anni fa. In Italia non abbiamo rinvenuto, ad oggi, resti ossei o di manufatti anteriori al milione di anni fa.

Segue:  La genesi del paesaggio classico (seconda parte)

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